Borse in plastica: chiarezza sulla nuova legge
In breve
Con legge 123/2017 è stata recepita in Italia la Direttiva Europea n. 2015/720, che riguarda la riduzione dell’utilizzo di borse in plastica di materiale leggero: una nuova norma che ha generato parecchia confusione nei consumatori e negli esercenti. Con l’intento di portare...
...Con legge 123/2017 è stata recepita in Italia la Direttiva Europea n. 2015/720, che riguarda la riduzione dell’utilizzo di borse in plastica di materiale leggero: una nuova norma che ha generato parecchia confusione nei consumatori e negli esercenti. Con l’intento di portare un po’ di chiarezza, si riepilogano di seguito i punti principali, chiarendoli anche con alcuni esempi pratici, con l’avvertenza che nuove informazioni potranno emergere a seguito di ulteriori note o circolari ministeriali.
Prima di tutto, occorre stabilire la finalità dell’utilizzo della borsa:
1) borse utilizzate come “imballaggio primario” (come ad esempio per alimenti sfusi, ortofrutta, panetteria, pasticceria, ecc.):
- devono essere in materiale biodegradabile e compostabile, se lo spessore è inferiore a 15 micron (le cosiddette “ultraleggere”), oppure
- possono essere in plastica “tradizionale” se lo spessore è superiore a 15 micron.
In ogni caso, essendo destinate al contatto con gli alimenti, devono essere “per alimenti”.
2) borse utilizzate per il “trasporto”:
- possono essere biodegradabili e compostabili (di qualunque spessore), oppure
- in plastica “tradizionale” e riutilizzabili (in tal caso, lo spessore dipende se sono con “maniglia” interna o esterna e se utilizzate in esercizi che vendono solo alimenti o in esercizi “misti”).
In ogni caso, sia le borse “per alimenti” che le borse “per il trasporto” non possono essere cedute gratuitamente e il prezzo di vendita deve risultare dallo scontrino.
Nulla vieta che, dopo aver inserito il costo della borsetta nello scontrino, l’esercente decida di applicare uno sconto di pari importo.
L’unico caso in cui è possibile continuare a consegnare gratuitamente le borse in plastica, è quando quest’ultime sono utilizzate come “imballaggio primario” e sono di spessore superiore a 15 micron.
Nulla cambia, invece, per quanto riguarda confezioni come vaschette e confezioni varie in plastica, carta o cartone, così come nulla cambia per i sacchetti in carta.
Esempi pratici:
A) La pasticceria che confeziona un dolce può indifferentemente usare:
- sacchetti in plastica “tradizionale”, purché siano di spessore superiore a 15 micron e “per alimenti”, senza inserire l’importo nello scontrino;
- sacchetti in plastica biodegradabile e compostabile, di qualsiasi spessore, purché siano “per alimenti”, inserendo l’importo nello scontrino.
B) Il bar che vende per asporto un tramezzino:
- può continuare a utilizzare il sacchetto di carta e cederlo gratuitamente;
- se mette il sacchetto di carta in una borsetta, può utilizzare sia quelle biodegradabili e compostabili, sia quelle in plastica “tradizionale” (rispettando gli spessori minimi previsti), ma in ogni caso deve inserire l’importo nello scontrino.
C) Ortofrutta che confeziona le verdure già pronte (“quarta gamma”):
- può utilizzare sacchetti in plastica “tradizionale”, purché di spessore superiore a 15 micron e “per alimenti”, cedendoli gratuitamente (come prima);
- in alternativa, può utilizzare vaschette in plastica o altro materiale “per alimenti”, sempre senza farsi pagare alcun corrispettivo;
- può utilizzare sacchetti con spessore inferiore a 15 micron, ma in tal caso devono essere in materiale biodegradabile e compostabile, “per alimenti” e deve inserire l’importo nello scontrino.
Aspetti fiscali
La cessione delle borse, come sopra indicata, prevede l’addebito al cliente del prezzo corrispondente, che l’esercente può stabilire liberamente. Tale cessione, oltre a dover essere riportata sullo scontrino o ricevuta fiscale, è un’operazione soggetta all’aliquota Iva del 22%. È pertanto necessario:
- adeguare il registratore fiscale, in quanto l’ammontare della cessione del sacchetto deve comparire in maniera distinta sullo scontrino;
- prevedere l’eventuale nuova “colonna” Iva del 22% nel registro dei corrispettivi, per quelle attività che finora hanno effettuato soltanto la prestazione del servizio di somministrazione che prevede l’aliquota del 10%.
Sanzioni
Per il mancato rispetto delle previsioni sopra riportate, sono previste sanzioni da 2.500 a 25.000 euro